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La trama del Don Carlos

4 Dic 2012

Personaggi

Filippo II, re di Spagna (basso); 

Don Carlo, infante di Spagna (tenore); 

Rodrigo, marchese di Posa (baritono);

il grande Inquisitore (basso); 

un frate (basso);

Elisabetta di Valois (soprano); 

Tebaldo, suo paggio (soprano); 

la principessa Eboli (mezzosoprano); 

il conte di Lerma (tenore); 

la contessa d’Aremberg;

l’araldo reale (tenore); 

sei deputati fiamminghi (basso); 

sei inquisitori (basso); 

signori e dame delle corti di Francia e Spagna, boscaioli, popolo, paggi, guardie di Enrico II e di Filippo II, frati, soldati. 

Questa è la trama da leggere per capire com’è la vicenda raccontata da Verdi, ma noi la modificheremo …

1568, anno del trattato di pace fra Spagna e Francia. Nella foresta di Fontainebleau Don Carlo, durante una partita di caccia, incontra la giovane Elisabetta di Valois, figlia del re di Francia, di cui è innamorato e che dovrebbe sposare. Ma l’amore dei due giovani, appena sbocciato, viene turbato dalla notizia che il re di Francia ha concesso la mano della giovane a Filippo II, padre di Carlo. 

Nel monastero di San Giusto, dove è sepolto Carlo V, un coro di frati celebra la fragilità dei potenti in confronto all’eterna grandezza di Dio; giunge Don Carlo, che cerca quiete alle sue pene. Incontra qui l’amico Rodrigo, marchese di Posa, che lo esorta alla difesa dell’oppresso popolo fiammingo e che chiede poi il motivo del turbamento del principe e apprende con orrore che egli ama la sua matrigna. Lo sprona a farsi inviare nelle Fiandre e a coltivare il valore dell’amicizia e della libertà.

 

 

 

 

In un giardino vicino, la principessa Eboli canta con le dame. Entra Elisabetta e a lei si presenta Rodrigo con una lettera di Carlo. Mentre lui distrae Eboli e le dame, giunge Carlo; Elisabetta: lo appoggia per il viaggio in Fiandra, ma Carlo le confessa nuovamente il suo amore, quindi fugge. Entra improvvisamente Filippo che, trovando la regina sola, caccia la dama di compagnia, la contessa d’Aremberg. Elisabetta consola l’amica e si congeda dal consorte. Filippo ha un colloquio con Rodrigo, che chiede libertà per il popolo fiammingo, accusando il re d’imporre «la pace dei sepolcri», ovvero di uccidere tutti i rivoltosi. Filippo, che ammira l’onestà di Rodrigo,  non ascolta la provocazione, ma mette in guardia Rodrigo dal grande Inquisitore e cerca d’avere il marchese alleato, confidandogli il suo sospetto nei confronti di Carlo e della regina. 

Nei giardini della regina, di notte. Carlo crede di avere un incontro con Elisabetta: giunge invece Eboli, innamorata del principe. Quando la luce lunare rivela l’identità della donna, Eboli scopre l’amore proibito dell’infante (Carlo) e lo minaccia. Arriva Rodrigo, che sta per uccidere Eboli. Rimasto solo con Don Carlo, l’invita a confidare nel suo aiuto e gli chiede di consegnargli tutte le lettere compromettenti.

Nella piazza davanti alla cattedrale di Valladolid il popolo sta per assistere alla cerimonia dell’autodafé: i condannati a morte perché eretici, vengono portati al rogo.  Ma sopraggiunge Carlo, alla testa di sei deputati fiamminghi, per chiedere la nomina a viceré di Fiandra e Brabante. Al rifiuto, Carlo sguaina la spada e giura di salvare dalla tirannia il popolo fiammingo. Filippo non è aiutato da nessuno. Soltantoo Rodrigo toglie la spada a Carlo, che si sente tradito dall’amico. 

 Filippo è solo nel suo studio: medita sulla sua solitudine, sul suo amore infelice per Elisabetta, e invoca la morte. Entra il grande Inquisitore, vecchissimo, terribile e cieco. Il re vuole consiglio per punire l’infante e l’Inquisitore pretende la testa di Carlo e di Posa, lasciando così il trono succube dell’altare. Entra poi la regina nella stanza di Filippo, invocando giustizia: il suo scrigno è stato rubato. Il portagioie è in mano di Filippo stesso: vi trova il ritratto di Carlo e accusa la moglie d’adulterio. Elisabetta sviene e Eboli la soccorre. Filippo esce con Rodrigo e Eboli le chiede perdono per averla tradita: le confessa d’averlo fatto per amore e gelosia di Carlo: Non solo: Eboli confessa di essere stata l’amante di Filippo. Elisabetta la esilia.

Incarcerato, Carlo riceve la visita di Rodrigo che gli da il suo addio: è infatti preda del grande Inquisitore. Infatti all’improvviso un colpo d’archibugio uccide Rodrigo, che raccomanda all’amico di recarsi a San Giusto per un ultimo colloquio con la madre. Filippo giunge in carcere a restituire la libertà a Carlo, che però lo maledice e l’accusa della morte di Rodrigo, sul cui cadavere il re lamenta invece la perdita d’un amico. Il popolo intanto preme alle porte per la libertà di Don Carlo, e Filippo ordina che si lascino entrare i rivoltosi: questi si fermano tuttavia di fronte all’apparizione del grande Inquisitore, che intima a tutti di inchinarsi davanti all’autorità del re. 

 

Chiostro del convento di San Giusto. Elisabetta prega sulla tomba di Carlo V mentre attende l’arrivo di Don Carlo, che giunge. I due si congedano, ma sono sorpresi da Filippo e dal grande Inquisitore. Il re consegna Carlo ai frati del Sant’Uffizio: mentre l’infante indietreggia verso la tomba, s’apre il cancello e il frate (siamo sicuri?), in abito di Carlo V, trascina con sé nella cripta Don Carlo (questa conclusione, raggiunta da Verdi soltanto nella versione in quattro atti del 1884, era preceduta nella versione francese da un processo sommario a Carlo, giudizio poi interrotto dall’apparizione del frate come fantasma dell’imperatore.).


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