Editoriale

CITTADINANZA ED EDUCAZIONE CIVICA DIGITALE

5 Mar 2018

La cittadinanza digitale è un’estensione della tradizionale cittadinanza dovuta all’ampliamento dei mezzi a disposizione del cittadino per l’esercizio di alcuni suoi diritti e doveri. In particolare, grazie a strumenti quali identità, domicilio, firme, autenticazione e servizi digitali, mira a semplificare il rapporto tra cittadini e PA. Le ultime novità in merito alla cittadinanza digitale si sono avute con il D.lgs. n. 217 del 13 dicembre 2017, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 12 Gennaio 2018, con il quale sono state emanate le disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo n. 179, del 26 agosto 2016, concernente modifiche ed integrazioni al Codice dell’Amministrazione Digitale, risalente al 2005, che prendeva proprio il nome di “Carta della Cittadinanza Digitale”.

Il tema della cittadinanza digitale è di primaria importanza perché il livello dei servizi pubblici – in termini di qualità, fruibilità, accessibilità e tempestività – dipende dalla condizione “tecnologica” di chi ne usufruisce. E con riferimento alle competenze tecnologiche e al loro utilizzo in modo responsabile e corretto, risulta essere interessante riflettere su quanto emerso dal recente studio “Future of Identity” realizzato da IBM su scala mondiale, volto ad analizzare le tendenze dei consumatori rispetto a identità e autenticazioni digitali, secondo cui il 79% degli italiani avrebbe dichiarato di trovarsi perfettamente a proprio agio con l’utilizzo delle nuove tecnologie. Dalla stessa ricerca risulta però che, in generale, gli atteggiamenti rispetto all’autenticazione delle identità digitali sono molto varie e, sebbene sia in crescita l’accettazione di nuove forme di autenticazione quali quelle biometriche, persiste il fastidio ad accettarle, anche se oramai rappresentano una misura indispensabile per evitare furti d’identità. Da quanto sopra esposto, emerge quindi chiaramente che l’era dei Big Data, quella in cui noi viviamo, se da un lato ci apre grandi opportunità, dall’altro comporta dei rischi, rischi a cui si può ovviare, o che comunque possono essere limitati attraverso percorsi formativi e di educazione permanete da attivarsi prima di tutto nelle scuole.

È quindi di grande importanza “Educazione Civica Digitale”, il sillabo appena messo a punto dal MIUR, volto a responsabilizzare tutto il paese verso l’importanza che riveste l’educazione civica digitale.

La pervasività delle tecnologie in ogni aspetto della società, unitamente alla loro “intrusione” nella nostra quotidiana sfera sociale, non solo porta a delle profonde implicazioni comportamentali in ogni sfera di attività umana, ma anche grandi impatti di livello macro: si pensi al rapporto tra intermediari digitali e media tradizionali, e alle tantissime implicazioni che questo produce in termini di produzione e modelli di consumo dell’informazione. E purtroppo non si tratta solo solo di una questione legata alle fake news o alle filter bubble. “Educazione Civica Digitale” vuole tenere assieme le dimensioni esistenti dell’educazione civica, ovvero educazione al rispetto e alla sostenibilità, con tutto il loro corpus di conoscenze e competenze, con una nuova dimensione della cittadinanza, così da portare il nostro sistema educativo, e il Piano Nazionale Scuola Digitale, all’avanguardia nella definizione degli obiettivi formativi rispetto alla rivoluzione digitale in corso. Impostato coinvolgendo oltre 120 organizzazioni tra istituzioni, mondo accademico, società civile e altri attori impegnati nei temi in questione, il sillabo ha visto anche il contributo dei grandi player del digitale: da Google, a Facebook, a Samsung (già membri del Consorzio Generazioni Connesse), a Cisco, Adobe, Linkedin Qwant, etc. “Educazione Civica Digitale” è organizzato in cinque parti: la 1° chiede alle scuole di sviluppare una generale comprensione del cambiamento, la 2° guarda invece all’educazione ai media, la 3° affronta l’educazione all’informazione (information literacy), associata all’educazione all’informazione, vi è poi una 4° parte, legata alle implicazioni di quantificazione e computazione diffusa, la 5° parte, infine, è volta a ricordare che i media digitali non sono solo strumenti, ma sono essi stessi oggetti culturali. Di seguito il pdf del “Sillabo”.


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