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Il Secondo Atto di Aida

9 Gen 2011

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Atto secondo – Scena prima

Una sala nell’appartamento di Amneris. Amneris circondata dalla schiave che l’abbigliano per la festa trionfale. Dai tripodi si eleva il profumo degli aromi. Giovani schiavi mori danzando agitano i ventagli di piume.
Assistita dalle ancelle, mentre piccoli schiavi mori danzano per lei, la principessa si prepara a festeggiare la vittoria degli Egiziani.

E quando entra Aida, non resiste alla tentazione di un duello con la rivale. Mostra rispetto per il suo dolore (“Fu la sorte dell’armi”); poi, con l’astuta finzione della morte di Radamès sul campo di battaglia, la induce a mettere a nudo il suo cuore e glielo trafigge. Immediate minacce seguono l’ingenua confessione di Aida, che ammette di amare Radamès, e la schiava è costretta a implorare perdono.

Atto secondo – Scena seconda

Uno degli ingressi della città di Tebe. Sul davanti un gruppetto di palme. A destra, il tempio di Ammone. A sinistra, un trono sormontato da un baldacchino di porpora. Nel fondo, una porta trionfale. La scena è ingombra di popolo. Entra il Re, seguito dai ministri, sacerdoti, capitani, flabelliferi (coloro che portano i ventagli), portainsegne, ecc. ecc. Quindi Amneris con Aida e schiave. Il Re va a sedere sul trono. Amneris prende posto alla sinistra del Re.
Le trombe della vittoria richiamano la popolazione alla cerimonia del trionfo. La folla si accalca alle porte di Tebe. Il re, con il suo seguito,  siede sul trono con la figlia Amneris (“Gloria all’Egitto”). Sfilano i carri di guerra, i vasi sacri, le statue degli dèi; un gruppo di danzatrici porta i tesori dei vinti. Tra le ovazioni del popolo, fa il suo ingresso Radamès. Amneris lo incorona con il serto dei vincitori, il re promette solennemente di soddisfare ogni suo desiderio. Con la generosità degli eroi il condottiero chiede che siano radunati i prigionieri e domanda per loro vita e libertà, non sapendo che tra di essi si nasconde Amonasro. Unendosi in coro alle parole di Radamès, tutti implorano clemenza. Anche l’implacabile Ramfis (“Son nemici e prodi sono”) è costretto a mutare giudizio; a garanzia della pace convince però il sovrano a trattenere in ostaggio Aida e un guerriero, in realtà Amonasro, che giura di avere sepolto il re degli Etiopi e che riconosce pubblicamente di essere il padre di Aida. Si compie, anche se solo in parte, la volontà di Radamès, e i prigionieri vengono liberati. Ma un altro premio, indesiderato quanto irrinunciabile, attende l’eroe egiziano: la mano di Amneris, che gioisce della vittoria amorosa, mentre Aida piange il proprio destino e Amonasro giura vendetta.
 
 


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