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Galileo, Immagini dall'Universo. Area Insegnanti

1 Apr 2009

    

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Area insegnanti

Galileo. Immagini dell’universo dall’antichità al telescopio propone un viaggio nello spazio e nel tempo della scienza del cielo e dell’immaginario astronomico.
Un’avventura straordinaria caratterizzata dalla progressiva scoperta della struttura dell’universo e alimentata da aspettative di speranza e dal bisogno di sottrarsi alla provvisorietà dell’esistenza. A far alzare lo sguardo dell’uomo verso le stelle è stata, fin dall’inizio, l’esigenza di trovare risposta a interrogativi cruciali.
Chi ha creato questa straordinaria volta stellata e per quali fini? Quale influenza esercitano sulla vita terrena i corpi celesti? Quali presagi annunciano i fenomeni cosmici più sorprendenti e rari, come le eclissi e le comete?

 

{tab=Scheda Generale}


Astronomia, astrologia e religione si sono sviluppate in strettissima interazione, influendo profondamente sulla filosofia, sulla letteratura, sulle strategie di consenso dei potenti della Terra, così come sull’arte e sull’architettura. È impossibile afferrare il senso genuino di questa storia se si separa la ragione dall’immaginazione.


La mostra mette a fuoco la dimensione trasversale della cosmologia, sottolineando le relazioni che è venuta stabilendo con le altre espressioni del pensiero così come le risposte che ha offerto alle speranze, alle paure e ai bisogni pratici dell’umanità. Il nostro viaggio parte dalle stupefacenti conoscenze degli astri già acquisite, millenni prima dell’Era Cristiana, dai popoli della Mesopotamia e del delta del Nilo, illustra i contributi delle civiltà greco-romana, araba, del Medioevo cristiano e del Rinascimento, fino alla svolta epocale prodotta dalla rivoluzione astronomica, annunciata da Niccolò Copernico, consolidata da Galileo, grazie al cannocchiale, e portata a compimento da personaggi straordinari come Kepler, Cartesio e Newton.

 

L’uomo e le stelle
Miti e raffigurazioni del cosmo.


L’universo è luogo del mito per eccellenza, una dimensione popolata da divinità dall’aspetto, dal carattere e dai comportamenti singolarmente simili a quelli del genere umano. Se, fin dai tempi più antichi, gli uomini hanno interpretato i pianeti come personificazioni degli dèi, le aggregazioni stellari più visibili si sono manifestate come animali e figure familiari o dell’immaginazione.

 

Tra i numerosi miti cosmici dell’antichità, quello di Atlante esprime con particolare eloquenza il singolare impasto di ragione e immaginazione che contraddistingue la lettura umana del cosmo. Ribellatosi agli dèi, Atlante è condannato da Giove a sostenere sulle proprie spalle per l’eternità il pesante globo dell’universo. Lo stupendo Atlante Farnese ci conserva la più antica raffigurazione tridimensionale pervenutaci della sfera celeste con i suoi grandi circoli e con le figure delle costellazioni.


L’immagine di Atlante che regge la sfera del mondo seguitò ad esercitare profondo fascino sulla ricerca astronomica dei secoli successivi. Essa divenne una sorta di icona delle diverse tecniche impiegate per rappresentare la volta celeste in due o in tre dimensioni. Venne infatti riproposta in opere memorabili di scultura e di pittura, in affascinanti manoscritti, in atlanti celesti riccamente illustrati e in raffinati strumenti astronomici che simulavano la struttura e i moti dell’universo.

 

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L’alba dell’astronomia: i cieli della Mesopotamia e dell’Egitto
Le scienze astronomiche furono coltivate nell’antica Mesopotamia sin dalla fine del IV millennio a.C., anche se è dal II millennio a.C. che prima i Babilonesi e successivamente gli Assiri ci hanno trasmesso le prime copie scritte di veri e propri trattati, elaborati da specialisti. D’altronde, nella Babilonia propriamente detta, furono verosimilmente proprio le più antiche teorie sulla formazione dell’universo a ispirare le prime cosmogonie. Infatti nella più celebre, il Poema della Creazione (Enuma elish), la volta è sublimata come la metà del corpo di una dea, Tiamat sconfitta in agone cosmico da Marduk. Data la sacralità del cielo, la lettura dei suoi fenomeni non solo abilitava i sacerdoti a prevedere gli eventi naturali e politici, imponendo ai regnanti di agire conseguentemente, ma costruiva allo stesso tempo una ricchissima biblioteca di immagini, segni e simboli astrali che rappresentavano e tutelavano le tradizioni sull’origine dell’universo e il valore universale delle regalità.


L’universo appariva agli Egizi come un accumulo di energie che al momento della creazione trovarono un equilibrio positivo e benefico. Le personificazioni delle energie che agiscono nell’universo creato sono gli dèi. Mentre la personificazione dell’Ordine universale è affidata a una figura femminile (Maat), il Creatore è un dio di genere maschile, manifestazione del Sole.
All’inizio esisteva un non-essere, il Nun, descritto come un caos liquido vitale ma non ancora vivo. Poi il Nun generò da sé stesso Atum, il “Completo”, Signore dell’Universo. Atum si manifestò come Ra, il Sole: un’alba radiosa che inondò lo spazio della luce della vita. Da Atum fu generata la prima coppia divina, Shu (aria o luce, di genere maschile) e Tefnut (umidità, di genere femminile). La prima coppia diede vita a Geb, il dio-Terra, e a Nut, la dea-Cielo, ed essi a loro volta procrearono quattro figli, Osiride, Iside, Seth e Nefti. Horus, divinità celeste raffigurata con le sembianze del falco, fu il decimo dio, figlio di Osiride e suo erede nel regno sulla Terra.

Il cielo della Mesopotamia
Le tavolette in scrittura cuneiforme conservano le più antiche testimonianze delle conoscenze astronomiche delle civiltà della Mesopotamia. Esse mostrano che, dall’inizio del II millennio a.C., i fenomeni celesti erano oggetto di studio, soprattutto al fine di ricavarne presagi. Si sapevano calcolare le ore del giorno e della notte e prevedere il verificarsi degli equinozi.
Le tavolette più antiche classificano 35 nomi di astri, tra cui Sole, Luna, i cinque pianeti visibili a occhio nudo e numerose stelle e costellazioni. Alcune costellazioni (Leone, Scorpione, Toro) ricevettero allora i nomi con cui sono denominate ancora oggi. In testi cuneiformi della fine del II millennio a.C. si afferma che i tre astri visibili ogni mese al crepuscolo definiscono tre zone parallele, chiamate, dai nomi delle divinità principali, il sentiero di Ea, di Anu e di Enlil. Altri testi raccontano la cosmogonia babilonese e il processo attraverso il quale Marduk raggiunge il vertice della gerarchia divina. Viene inoltre definito il percorso della Luna.


Una nuova fase di progressi, basata sull’uso di metodi matematici, si osserva dall’inizio del I millennio a.C. Il testo Mul.Apin (“stella aratro”) contiene un catalogo stellare, l’indicazione di 60 costellazioni e il metodo per calcolare le ore diurne attraverso le ombre. In tavolette del III secolo a.C. vengono fissati i metodi per calcolare la periodicità di alcuni fenomeni astronomici e redatte tavole nelle quali, mediante colonne parallele di numeri, si prevedono fenomeni come la Luna nuova, l’opposizione e congiunzione di Luna e Sole e le eclissi.

Notizie storiche
– Intorno al 2500 a.C. gli Egizi iniziarono a usare orologi che sfruttavano la proiezione dell’ombra solare
– III millennio a.C. gli Egizi stabiliscono il calendario religioso
– II millennio a.C. nel regno antico babilonese vengono registrate le posizioni di Venere
– VI secolo a.C. i Babilonesi scoprono che 19 anni solari corrispondono esattamente a 235 mesi lunari (ciclo metonico)


Le architetture dell’universo
Fino dai tempi più remoti, l’uomo ha cercato di indovinare la forma e la struttura dell’universo. Le descrizioni contenute nei testi più antichi delineano un universo nel quale la Terra, piatta, è sovrastata dalle acque “di sopra” e galleggia sulle acque “di sotto”. Solo con la civiltà greca l’universo assunse stabilmente la forma di una sfera sulla cui superficie, che ruota con movimento regolare, sono incastonate le stelle, mentre al suo interno i pianeti procedono lungo orbite circolari con al centro la Terra immobile.
Se la visione dell’universo come una sfera s’impose universalmente per un periodo straordinariamente lungo (ed è ancora ben radicata nel linguaggio e nell’immaginazione popolare), vivaci furono le discussioni sull’ordine e sui moti dei pianeti. Nei secoli che dividono il fiorire delle civiltà classiche dall’età galileiana furono infatti concepiti molteplici sistemi del mondo che proponevano soluzioni diverse per far corrispondere i fenomeni osservati nel cielo con l’immaginata architettura dell’universo.

Gli influssi celesti
Lo sguardo dell’uomo verso il cielo è stato da sempre carico di attese e di paure. L’idea che gli astri esercitino un’influenza determinante appartiene infatti a tutte le civiltà antiche. Si può dire che il cielo parla agli uomini così come gli uomini al cielo.
Interrogata con le procedure giuste, la volta celeste rivela il destino degli individui, indica i giorni più propizi o quelli meno favorevoli per le decisioni relative alla vita pubblica o privata, consente di prevedere le configurazioni astrali che annunciano i mutamenti epocali della storia, mostra le inclinazioni che determinano il carattere degli individui e le loro attitudini pratiche, denota le influenze che i pianeti e i segni dello zodiaco esercitano sugli organi del corpo umano, ecc. Gli scambi intensissimi tra uomo e cosmo hanno costituito il fondamento di una delle discipline più antiche e pervasive, l’astrologia, che conservò a lungo lo statuto di vera e propria scienza, fondata su procedure rigorose, meritandosi, non senza giustificazione, l’appellativo di “madre” dell’astronomia. Senza l’impulso determinante dei bisogni ai quali l’astrologia sembrava poter dare risposta, la conoscenza del cielo non avrebbe proceduto con la speditezza che la storia ci mostra.

 

{tab=Sezione II}
Il cosmo diventa una sfera

I filosofi e il cosmo
Con Anassimandro (V secolo a.C.) la Terra, immaginata come una colonna cilindrica abitata sulla faccia superiore, è per la prima volta dichiarata equidistante da tutti i punti della volta celeste, sospesa e priva di supporto. Essa è immobile al centro dell’universo, stazionaria nell’eterna rotazione dei cieli. A Pitagora e alla sua cerchia dobbiamo la nozione della sfericità della Terra, ormai acquisita all’epoca di Platone. Già nell’antichità, inoltre, veniva attribuita ad alcuni pitagorici l’intuizione della rotazione della Terra sul proprio asse, spiegando in tal modo il movimento quotidiano degli astri. Governato da precise relazioni matematiche, si compie tra celesti armonie il moto del firmamento e dei pianeti. Nel IV secolo a.C. Eraclide Pontico, discepolo di Platone, elaborò l’ardita ipotesi dei moti di Mercurio e Venere intorno al Sole, che seguitava tuttavia a orbitare attorno alla Terra.


Citazioni
“Filolao affermò per primo che la Terra si muove in cerchio.” (Diogene Laerzio)
– “Gli astri eseguono il più coro più bello.” (Platone)
– “Cleante pensò dovesse essere accusato d’empietà Aristarco di Samo per aver fatto muovere il focolare del mondo e per aver supposto che la Terra si muove in cerchio e ruota sul proprio asse.” (Plutarco)
– “Giove ha posto nel cielo le costellazioni e ha regolato di anno in anno i segni favorevoli agli uomini, in modo che facciano conoscere agli uomini le sue giuste leggi.” (Arato)
– “Questo mondo è connesso in modo necessario ai moti dei cieli, sicché tutta la potenzialità di questo mondo è governata di là” (Aristotele)


Notizie storiche
– VI sec. a.C. – Il filosofo Talete di Mileto predisse correttamente un’eclissi solare avvenuta nel maggio del 585 a.C.
– VI-V sec. a.C.. Pitagora di Samo riconobbe che la stella del mattino e della sera sono il medesimo corpo celeste: il pianeta Venere
– III sec. a.C.. Eratostene stimò in 250.000 stadi la lunghezza della circonferenza terrestre
 – III sec. a.C.. Aristarco di Samo misurò la distanza dalla Terra del Sole e della Luna

 

{tab=Sezione III}

La geometrizzazione del cosmo
Col III secolo a.C. la ricerca astronomica si sposta sulla sponda meridionale del Mediterraneo, in Egitto. Nel Museo di Alessandria l’astronomia raggiunse il massimo livello di rigore concettuale e perfezione teorica. I rapporti tra i pianeti e la Terra divennero l’oggetto principale della ricerca astronomica. Osservatori assidui della volta celeste, quali Ipparco e Tolomeo, accumularono dati che, legati al rapido sviluppo della matematica e della geometria, permisero di conseguire straordinari risultati. Verso la metà del II secolo a.C. fecero la loro comparsa i primi planetari meccanici, che misero in evidenza i perfetti meccanismi della grande macchina del mondo. Con la conquista del Mediterraneo da parte di Roma, la ricerca astronomica cedette il passo all’astrologia, che conquistò tutte le classi sociali. Le credenze sul carattere premonitore dei segni celesti divennero funzionali alla legittimazione astrale del principato. Il cielo dei Romani non era solo il principale mezzo di orientamento dei naviganti e l’orologio che scandisce il calendario dei lavori agricoli ma, soprattutto, veicolo di conoscenza dei destini umani e dei comportamenti più opportuni da tenere.

Tolomeo: la geometria delle sfere
Attivo ad Alessandria attorno alla metà del II secolo, Claudio Tolomeo ha legato il proprio nome a un’immagine del cosmo, con la Terra immobile in posizione centrale e il Sole in orbita intorno ad essa, destinata a dominare sino alla fine del XVI secolo. Mettendo a frutto il bagaglio di informazioni accumulato nei secoli precedenti, Tolomeo compose un grandioso compendio astronomico conosciuto come Almagesto, dal titolo della traduzione araba medievale. Tolomeo vi descrive la volta celeste analizzandone i movimenti, i fenomeni legati all’obliquità dell’asse terrestre e all’inclinazione dell’eclittica, la questione delle eclissi e delle coordinate degli astri. Il catalogo di 1025 stelle che si trova nel libro VIII dell’opera è stato per molti secoli il punto di riferimento per ogni nuova mappa del cielo. Attento agli sviluppi dell’astrologia, nel Quadripartito Tolomeo focalizza l’attenzione sui fenomeni che si verificano sulla Terra in corrispondenza dei transiti celesti.

Citazioni
– “Clemente alessandrino narra che Chirone fu il primo a disegnare una sfera celeste con le stelle riunite in costellazioni.” (Macrobio)
– “Avendo preso il governo del mondo, Zeus pose il Capricorno tra gli astri insieme a sua madre, la Capra. E per aver trovato il corno nel mare ha come singolare segno una coda di pesce.” (Eratostene)
– “Il movimento degli astri è regolato da intervalli diseguali che obbediscono a proporzioni esatte. I più acuti sono temperati dai più gravi e il loro equilibrio genera diverse armonie.” (Cicerone)
– “Gli antichi classificarono benèfici Giove, Venere e la Luna e considerarono malefici Saturno per il rigido freddo e Marte per l’eccessivo secco.” (Tolomeo)

Notizie storiche
– ca. 300 a.C.. Ad Alessandria d’Egitto viene costruito un osservatorio astronomico
– III sec. a.C.. Aristarco di Samo formula un’ipotesi secondo la quale i pianeti e la Terra ruotano attorno al Sole
– Metà II sec. a.C. ca.. Ipparco scopre la precessione degli equinozi e compila il primo catalogo stellare
– Metà I sec. a.C.. Grazie alla collaborazione con l’astronomo alessandrino Sosigene, Giulio Cesare introduce a Roma il calendario giuliano

 

{tab=Sezione IV}
I cieli dell’Islam
Dall’VIII al XV secolo la ricerca astronomica più avanzata parlò la lingua araba. Gli astronomi islamici si dedicarono con impegno allo studio dell’astronomia, nel quale conseguirono risultati importanti. Modificarono e resero più precisi i modelli geometrici di Tolomeo per il Sole, la Luna e i cinque pianeti, migliorando le coordinate fornite dall’astronomo alessandrino per le stelle fisse. Gli autori islamici introdussero inoltre perfezionamenti negli strumenti ereditati dai Greci e ne concepirono di nuovi.

muhammadNella misura del tempo mediante il Sole e le stelle furono leaders incontrastati. In diverse regioni dell’Islam fiorirono inoltre osservatori astronomici che produssero dati che saranno utilizzati anche degli studiosi occidentali, tra i quali Copernico. Solo pochissimi dei risultati conseguiti dagli astronomi islamici furono tuttavia noti ai dotti europei durante il Medioevo. La consapevolezza del loro contributo è venuta progressivamente affermandosi solo nel corso degli ultimi 150 anni, grazie alla sempre più intensa attività di studio dei manoscritti e degli strumenti islamici.

Gli astri e i temperamenti umani

La convinzione dell’esistenza di una correlazione diretta tra astri e temperamenti umani è di origine ellenistica ma godette di ampia fortuna nel mondo arabo, grazie soprattutto agli scritti di Albumasar. Secondo questa teoria ogni pianeta, così come ogni temperamento umano, è caratterizzato da una coppia di qualità (caldo, freddo, secco, umido) ed è dominato da uno dei quattro elementi (terra, acqua, aria, fuoco). Giove, caldo e umido, è dominato dall’elemento aria e presiede al temperamento sanguigno, caratterizzato da equilibrio, estroversione e libertà. Saturno determina il comportamento malinconico (pianeta e temperamento sono entrambi secchi e freddi), che spinge all’introversione. Marte domina il temperamento collerico (qualità caldo e secco col fuoco come dominante). La Luna influisce sul temperamento flemmatico (qualità freddo e umido, con l’acqua come dominante).

Gli strumenti per lo studio del cielo
I filosofi naturali e i matematici islamici raggiunsero un livello di assoluta eccellenza nella costruzione di strumenti astronomici, in particolare globi celesti e astrolabi, che rappresentavano rispettivamente in tre e due dimensioni la struttura e i moti dei corpi celesti. La produzione estremamente vasta di questi strumenti fu accompagnata dalla stesura di trattati che ne illustravano la costruzione e l’uso. Globi celesti e astrolabi furono impiegati per operazioni pratiche, come le attività astrologiche o il computo del tempo, funzione essenziale per il corretto svolgimento delle funzioni religiose. Un particolare strumento consentiva di determinare la q?bla, cioè la direzione della Mecca verso la quale i Musulmani devono volgersi nelle cinque preghiere giornaliere.

Citazioni
– “L’astronomia fornisce all’anima la conoscenza dei moti del Sole, della Luna e dei pianeti, del tempo delle cinque preghiere quotidiane e della direzione della Mecca.” (al-Kashi)
– “Al califfo al-Ma’mun, che era estremamente curioso di conoscere la dimensione della Terra, dissi che gli astronomi la conoscevano. Volle poi sapere quale fosse la distanza massima della Luna dalla Terra…” (Ibn Aktham)
– “Per il matematico è lo stesso supporre che a muoversi è la Terra o il Cielo. Per il filosofo naturale, viceversa, è importante stabilire quale delle due ipotesi è vera.” (al-B?runi)


Notizie storiche
Inizio del IX sec.
Il califfo al-Ma’mun fonda osservatori astronomici a Baghdad e a Damasco

 

{tab=Sezione V}
L’evangelizzazione del cosmo
Pur non producendo opere astronomiche importanti, i Padri della Chiesa, così come gran parte dei teologi della cristianità, erano perfettamente consapevoli che il grande stupore suscitato dallo spettacolo del cielo contribuiva a radicare sentimenti di profonda devozione nei confronti dell’Ente Supremo, autore di quell’opera magistrale: “Coeli enarrant gloriam Dei” fu infatti parola d’ordine universalmente diffusa nella cristianità. Inni solenni vennero elevati a Dio anche dai geniali inventori delle spettacolari macchine planetarie che riproducevano perfettamente il regolare moto degli astri. I rappresentanti più illustri delle arti, d’altra parte, offrirono un contributo importante alla battaglia per purgare i cieli dalla folla ingombrante delle divinità pagane, sostituendole con l’immagine di un Dio in trono, circondato dagli ordini angelici, che imprime con un cenno della mano il moto all’universo.

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Cosmologia e teologia procedettero strettamente affiancate in un’epoca che non registrò sensazionali avanzamenti delle conoscenze astronomiche, ma che contribuì a rafforzare la visione classica di un universo creato per l’uomo e a sua perfetta misura. Una visione che trovò espressione sia nella cosmologia mistica di Ildegarda di Bingen che nella Commedia di Dante.

L’universo cristiano
La visione cristiana del cosmo ispirò grandi capolavori di poesia e di letteratura, fortunate sintesi enciclopediche e un numero considerevole di opere d’arte (come la raffigurazione di Sant’Agostino immerso nello studio della matematica e dell’astronomia da parte del Botticelli), visualizzazioni scenografiche della cosmogonia cristiana ispirate dal Genesi biblico (negli stupendi cicli pittorici degli edifici religiosi medievali, come la Basilica di San Marco a Venezia o i Battisteri di Padova e Firenze) e immagini dell’universo come una sfera mossa dalle intelligenze angeliche, quale viene prospettata da bellissimi manoscritti miniati o dal formidabile arazzo di soggetto astronomico della Cattedrale di Toledo.

Citazioni
– “Il Cielo si esprime con la scrittura delle stelle e prefigura tutto ciò che può derivare dalla legge del fato.” (Bernardo Silvestre)
– “Solo i sapienti, dei quali è piccolo il numero, possono sottrarsi con la ragione alle inclinazioni prodotte dall’influsso degli astri.” (Tommaso d’Aquino)
– “Lo moto e la virtù dei santi giri, / come dal fabbro l’arte del martello,/ da’ beati motor convien che spiri.”(Dante, Paradiso)
-“Bisogna fare riferimento alla Bibbia. È là che si trovano le ipotesi, i sistemi cosmografici autenticamente cristiani. Errano tutti coloro che cercano la verità altrove.” (Cosma Indicopleuste)
-“L’uomo ha dentro se stesso il Cielo e la Terra.” (Ildegarda di Bingen)

Notizie storiche
– Inizio del sec. XIII. A Padova inizia la costruzione del Palazzo della Ragione, che sarà decorato da centinaia di affreschi di soggetto astronomico e astrologico
-1263. Alfonso il Saggio fonda a Toledo una scuola che in pochi anni produce tavole astronomiche estremamente precise
– Intorno al 1280. Si cominciano a produrre in Europa i primi orologi che emulano meccanicamente i moti degli astri

 

{tab=Sezione VI}

 

La Rinascita dell’Astronomia
A partire dalla fine del secolo XIV, nei grandi centri della penisola italiana il rinnovato interesse per la cultura classica contribuì a far tornare al centro dell’attenzione l’uomo e la sua vita terrena. Si impose anche la convinzione della possibilità di esplorare con metodi razionali la struttura armonica del cielo e le influenze che esercita sulle vicende mondane.


Nei secoli XV e XVI gli intellettuali europei s’impegnarono nel recupero e nella rimessa in circolazione dei testi classici. Le opere più importanti dell’astronomia antica, soprattutto Tolomeo, furono tradotte e commentate, mentre si tornarono a costruire gli strumenti di osservazione e di misura che avevano consentito i grandi progressi dell’astronomia alessandrina. Contestualmente, si osservò un fervore di attività per rappresentare visivamente l’immagine dell’universo attraverso atlanti, globi celesti e sfere armillari.

compasso
Grande fioritura registrarono anche le attività astrologiche, alimentate dalla convinzione della diretta simmetria tra uomo e macrocosmo. La diffusione di questa concezione è testimoniata dalle dimore principesche del Rinascimento, le cui volte furono abbellite da cicli di affreschi astrologici realizzati dagli artisti più rinomati. La rinascita dei miti, degli dèi e dei cieli antichi stimolò anche la ripresa dei dibattiti sulla struttura dell’universo. Niccolò Copernico resuscitò l’antica visione di un cosmo nel quale il Sole occupava la posizione centrale, inaugurando la stagione che in pochi decenni avrebbe prodotto una profonda rivoluzione nell’astronomia.

Le influenze astrali
Tra Quattro e Cinquecento si assisté a un’intensa fioritura di pubblicazioni e produzioni artistiche che ponevano al centro le influenze degli astri sulla vita umana. I principali Signori d’Europa utilizzarono l’astrologia anche a fini di propaganda e di autocelebrazione, promuovendo imprese figurative di grande complessità e di memorabile bellezza. Particolare fortuna godette il tema dei “figli dei pianeti”, che alimentò una vasta produzione visiva delle inclinazioni che l’influsso dei corpi celesti trasmette agli individui all’atto della nascita, determinandone non solo le attitudini intellettuali e pratiche ma anche il carattere. La rinascita dell’interesse per l’ermetismo e per il pitagorismo stimolò la produzione di testi e raffigurazioni che sottolineavano come l’armonia matematica e musicale caratterizzasse sia il macrocosmo che il microcosmo.

Atlanti, sfere armillari e globi
Nel Cinquecento si osserva la forte intensificazione della produzione di rappresentazioni visive della volta celeste, attraverso la sperimentazione di nuovi metodi e con l’impiego di supporti diversi. Va infatti assegnata a questo periodo la nascita della moderna cartografia celeste, che trovò espressione nelle mappe delle costellazioni delineate da artisti di altissima qualità, nei più antichi e maestosi atlanti del cielo, nei primi globi celesti (formati assemblando fusi stampati e poi colorati a mano) e nella raffigurazione di pianeti e costellazioni, quasi sempre ispirata da motivazioni astrologiche, nelle volte dei palazzi signorili.
Notevolissima risultò in questi decenni la produzione di sfere armillari: una modalità di raffigurazione tridimensionale della sfera celeste che consentiva di stabilire a piacere tutte le possibili configurazioni degli astri per finalità di ricerca astronomica, didattiche o per le previsioni astrologiche. L’impegno di artefici di grandissima qualità, che realizzarono manufatti di pregio straordinario, rese le sfere armillari ricercatissimi oggetti da collezione.

Strumenti di osservazione e di misura
Se nel Rinascimento seguitò a godere di larga fortuna l’astrolabio, dotato adesso di funzioni sempre più raffinate, intensa fu la produzione di una vasta gamma di strumenti di calcolo e di misura (in larga parte derivati dai testi di Tolomeo), come i quadranti e i numerosi dispositivi concepiti per misurare il tempo di giorno e di notte. Questi oggetti bellissimi, impreziositi da suggestive incisioni e caratterizzati da soluzioni ingegnose, offrono eloquente dimostrazione della stretta collaborazione tra saperi tecnici, perizia matematica e ricerca di eleganza, proporzione e bellezza che caratterizzò la produzione della strumentazione astronomica tra Quattrocento e Cinquecento.

Macchine cosmiche
Nel corso del XVI secolo, grazie al notevole perfezionamento dell’orologeria meccanica, divenne possibile mettere a punto dispositivi che emulavano in maniera precisa i complessi moti dei corpi celesti. All’inizio del Cinquecento fu ultimata la costruzione dello spettacolare orologio planetario di Lorenzo della Volpaia, che consentiva, per la prima volta, di dominare con un solo colpo d’occhio i movimenti di tutti i pianeti, del Sole e della Luna. Nei decenni successivi, artefici di tutta Europa si misurarono in questo genere specialissimo di produzione tecnica, dando vita a orologi che prospettavano perfette simulazioni meccaniche dell’universo in movimento. Dispositivi sempre più contenuti nelle dimensioni, sempre più sofisticati nelle prestazioni e sempre più riccamente decorati uscirono dalle botteghe dei più ingegnosi costruttori di orologi per diventare ammirati ornamenti delle dimore dei Signori più influenti.

La rivoluzione dell’astronomia
La pubblicazione, nel 1543, del De revolutionibus di Niccolò Copernico (1473-1543) segna una svolta epocale nella storia dell’astronomia. Lo studioso polacco vi delineava un sistema del mondo nel quale il Sole occupava il centro, mentre la Terra, oltre a compiere una rotazione diurna sul proprio asse, orbitava annualmente intorno al grande luminare. L’abbandono del dogma della centralità e immobilità della Terra rappresentava un radicale cambiamento di prospettiva e non solo per l’astronomia. Non più collocato al centro del creato, l’uomo vedeva scossa nei fondamenti la fiducia in un cosmo concepito in funzione e a misura della sua esistenza. La visione copernicana introduceva traumi troppo profondi perché potesse essere facilmente assimilata. E difatti fu accolta solo da poche menti illuminate.


Maggiore fortuna incontrarono le teorie del nobile danese Tycho Brahe (1546-1601). Grande innovatore della strumentazione e dell’organizzazione della ricerca (fondò il primo osservatorio degno del nome), Tycho contribuì alla riforma dell’astronomia su molteplici piani. Produsse dati osservativi di precisione notevolmente superiore rispetto ai precedenti. Dimostrò che i cieli erano fluidi e non composti da sfere solide, come si era fino ad allora creduto. Formulò infine un nuovo sistema del mondo, che costituiva una soluzione di compromesso tra l’ipotesi geocentrica e la concezione eliocentrica. Per Tycho la Terra è immobile al centro dell’universo; la Luna e il Sole le ruotano intorno, mentre tutti gli altri pianeti compiono le loro rivoluzioni intorno al Sole.

Citazioni
– “Ascoltatevi dentro e guardate nell’infinito dello spazio e del tempo. Là si ascolta il canto degli astri e la voce dei numeri e l’armonia delle sfere.” (Ermete Trismegisto)
– “Attraverso il moto delle comete verrà rilevato e chiaramente dimostrato che la gran macchina del cielo non è un corpo duro e impenetrabile ma un’entità assolutamente fluida.” (T. Brahe)
– “A chi verrebbe in mente di collocare la lampada che dà luce all’universo in un posto diverso dal suo centro in modo da illuminare tutto nello stesso tempo …” (N. Copernico)
– “Niente rivela la natura di Dio più pienamente della luce del Sole.” (M. Ficino)
Notizie storiche
– 1468. Paolo dal Pozzo Toscanelli costruisce il grande gnomone nella cupola della Cattedrale di Firenze
– 1576 Inizia la costruzione dell’osservatorio di Tycho Brahe nell’isola di Hven
– 4 ottobre 1582. Viene adottato il nuovo calendario gregoriano, ancora oggi in uso
– 1577. Tycho Brahe dimostra che la cometa attraversa gli spazi celesti al di sopra dell’orbita della Luna
-17 febbraio 1600. Giordano Bruno, convinto seguace di Copernico e teorico dell’infinità dell’universo, viene bruciato vivo a Roma come eretico

 

{tab=Sezione VII}

Galileo: il cosmo del cannocchiale
Nella primavera del 1609 Galileo si procurò un oggetto singolare venduto a Venezia come giocattolo: un corto tubo con due lenti alle estremità che consentiva di vedere ingranditi gli oggetti distanti. Galileo s’impegnò nel suo perfezionamento, conseguendo rapidamente risultati molto positivi: nelle sue mani, quel giocattolo si trasformò in uno strumento scientifico destinato a trasformare il mondo. Nel novembre dello stesso anno iniziò a esplorare la volta stellata.

 

Ai suoi occhi si manifestò un universo totalmente diverso da quello descritto dalla tradizione, rafforzando in lui la convinzione della verità dell’ipotesi copernicana. La superficie della Luna appariva corrugata da valli e alte montagne, esattamente come la Terra; la Via Lattea era una fitta congerie di stelle; intorno a Giove orbitavano quattro satelliti; il Sole presentava macchie scure; Venere mostrava fasi come la Luna; Saturno, infine, sembrava formato da tre corpi accostati.
Galileo

 

La pubblicazione di queste sensazionali novità rese Galileo celebre in tutta Europa. Ma stimolò anche le reazioni dei rappresentanti della cosmologia tradizionale e del clero. Questi ultimi respingevano fermamente la concezione copernicana perché contraria alle affermazioni geocentriche delle Sacre Scritture.
Il primo procedimento istituito contro Galileo nel 1616 si concluse con una semplice ammonizione. Drammatico fu invece l’esito del nuovo processo al quale fu sottoposto nel 1633. Lo scienziato toscano fu condannato come sospetto di eresia e costretto all’abiura.

Il volto di Galileo
La fama che i contemporanei tributarono a Galileo è attestata anche dai numerosi ritratti che raffigurano lo scienziato toscano quando era ancora in vita: Santi di Tito, Domenico Tintoretto, Giovanni Battista Caccini, Francesco Villamena, Ottavio Leoni, Domenico Passignano, Joachim Von Sandrart e Charles Mellin sono solo alcuni degli artisti che resero omaggio a Galileo.


Il ritratto oggi più famoso si deve a Justus Suttermans, che lo eseguì nel 1636. Il pittore fiammingo dipinse anche un ritratto di Galileo per il granduca Ferdinando II, oggi noto attraverso alcune repliche. Importante è la copia qui esposta, che raffigura lo scienziato toscano con l’anello linceo e il cannocchiale. Il dipinto presenta Galileo secondo un’immagine assai gradita alla famiglia Medici, interessata a promuoverne il ruolo di geniale astronomo e di abile costruttore di strumenti di misurazione. Lo dimostra il busto di Galileo scolpito da Carlo Marcellini che rappresenta Galileo con compasso e cannocchiale. La diffusione del mito di Galileo nella Toscana medicea è attestata anche dalla solenne museificazione del dito dello scienziato pisano, prelevato nel 1737 in occasione della riesumazione dei suoi resti mortali.

Il cannocchiale e le scoperte astronomiche
L’appassionata battaglia di Galileo per il copernicanesimo fu condotta attraverso opere memorabili, fondate su raffinati ragionamenti matematici e sull’analisi sagace dei risultati delle intense campagne di osservazione telescopica del cielo.
I cannocchiali galileiani, che raggiunsero rapidamente i 20 ingrandimenti, erano formati da due lenti (una piano-concava, l’altra piano-convessa) ed erano caratterizzati da un campo visivo estremamente ristretto (non riusciva a inquadrare l’intera Luna). Inoltre l’aberrazione sferica e cromatica disturbavano notevolmente la visione. Nonostante queste limitazioni, Galileo riuscì ad acquisire con l’impiego del cannocchiale informazioni dalla portata rivoluzionaria. Nei decenni successivi altri artefici, in Italia e in Europa, apportarono perfezionamenti significativi, che consentirono di ampliare il campo visivo dello strumento e di migliorare la qualità delle lenti, introducendo ottiche composte per aumentarne il potere di ingrandimento. Si tentò anche di mettere a punto strumenti binoculari, che non dettero però risultati soddisfacenti. Solo dopo la metà del Seicento il perfezionamento del cannocchiale raggiunse un livello tale da consentire l’avvio di una seconda serie di importanti scoperte celesti.

I cieli di Galileo dipinti
Santa CroceIl telescopio e le scoperte celesti galileiane produssero un forte impatto anche sul mondo delle arti. Pittori come Ludovico Cigoli, amico e ammiratore di Galileo, tradussero in pittura le novità osservate col telescopio sulla superficie della Luna pochi mesi dopo la loro scoperta da parte dello scienziato pisano. Artisti di grande reputazione, come Rubens, raffigurarono altri aspetti delle novità celesti annunciate al mondo da Galileo: il pittore fiammingo dipinse Saturno come un pianeta formato da tre corpi, esattamente come lo aveva descritto Galileo. Nel secondo Seicento e all’inizio del Settecento, numerosi artisti realizzarono pitture di soggetto astronomico nelle quali i corpi celesti erano raffigurati così come erano apparsi a Galileo e ai suoi continuatori attraverso le lenti del cannocchiale.

La nascita della selenografia
Tra i corpi celesti rivisitati e trasformati dalla visione telescopica, la Luna fu quella che generò la maggiore impressione. Dopo la pionieristica esplorazione del satellite della Terra compiuta da Galileo e la diffusione, attraverso le incisioni, dei disegni che ne aveva tratto, l’obbiettivo di fornire una raffigurazione precisa della frastagliata morfologia della superficie lunare costituì per molti decenni una sfida per i principali astronomi europei. Per ottenere effetti realistici e suggestivi, essi ricorsero alla collaborazione di artisti rinomati. Inaugurata da Galileo, la selenografia venne definendosi come una nuova scienza rigorosa grazie al contributo di numerosi ricercatori che ne fissarono progressivamente lo statuto. Alla fine del Seicento, le mappe lunari presentavano un aspetto che non sfigura troppo rispetto alle moderne fotografie del volto della Luna. Man mano che la sua morfologia veniva definendosi, gli astronomi si impegnarono nello sforzo di introdurre una nomenclatura omogenea, che consentisse di identificare le molteplici caratteristiche geografiche della Luna. Prima della fine del Seicento, i principali tratti del volto lunare erano ormai contraddistinti dai nomi che usiamo ancora oggi per individuarli.

Il dramma del processo
Le novità celesti divulgate da Galileo incontrarono l’opposizione, prima, e la decisa ostilità, poi, delle autorità ecclesiastiche. Il deciso impegno dello scienziato pisano a favore del sistema copernicano fu considerato inammissibile perché contrario alle affermazioni delle Sacre Scritture. Per questa ragione, Galileo fu denunciato una prima volta al Tribunale dell’Inquisizione nel 1616, subendo un processo che si concluse con la sua ammonizione ad abbandonare la tesi eliocentrica. La denuncia venne rinnovata dopo la pubblicazione del Dialogo sopra i massimi sistemi del mondo (1632), un’opera scopertamente filocopernicana. Questa volta il processo si concluse con la condanna di Galileo per “veemente sospetto di eresia” e con la sua drammatica abiura davanti ai Padri Inquisitori. Un episodio, questo, che produsse enorme impressione in Italia e nel resto d’Europa, avviando una lunga stagione di severo controllo della Chiesa Cattolica sulle conquiste e sui protagonisti della ricerca scientifica.

L’abiura di Galileo

Io Galileo, dell’età mia d’anni 70, … inginocchiato avanti di voi Eminentissimi et Reverendissimi Cardinali giuro che sempre ho creduto, credo adesso, e con l’aiuto di Dio crederò per l’avvenire, tutto quello che tiene, predica et insegna la Santa Cattolica et Apostolica Chiesa. Ma perché da questo Santo Offizio, per aver io … dato alle stampe un libro nel quale tratto l’istessa dottrina già dannata et apporto ragioni con molta efficacia a favor di essa, sono stato giudicato veementemente sospetto d’heresia … Pertanto, volendo io levar dalla mente delle Eminenze Vostre questa vehemente sospitione … con cuor sincero e fede non finta abiuro, maledico e detesto li sudetti errori et heresie … e giuro che per l`avvenire non dirò mai più né asserirò, in voce o in scritto, cose tali per le quali si possa haver di me simil sospitione; … Mi sottometto a tutte le pene e castighi che sono da’ sacri canoni et altre constitutioni generali e particolari contro simili delinquenti imposte e promulgate. … et in fede del vero, di mia propria mano ho sottoscritta la presente cedola di mia abiuratione et recitatala di parola in parola, in Roma, nel convento della Minerva, questo dì 22 Giugno 1633.

Io Galileo Galilei ho abiurato come di sopra, mano propria.

La sfida della longitudine
Al tempo di Galileo, le continue perdite di navi e intere flotte erano le drammatiche conseguenze della difficoltà di determinare la longitudine in mare aperto. Per stabilire questa coordinata occorre accertare la differenza tra l’ora del luogo nel quale ci si trova e quella di un altro luogo preso come riferimento. La soluzione può essere offerta da cronometri precisi o stabilendo il tempo di fenomeni celesti prevedibili (come le eclissi). Appena scoperti i satelliti attorno a Giove, Galileo pensò di utilizzare i loro periodi regolari come orologio celeste di estrema precisione, che avrebbe consentito di stabilire la longitudine confrontando il tempo di occultazione dei pianeti dietro il corpo di Giove, fornito dalle tavole, con l’ora locale. Si impegnò nella compilazione di tavole affidabili e mise a punto un formidabile computer analogico, il giovilabio, per renderne più agevole l’utilizzo. Convinto di poter ottenere risultati positivi, avviò trattative con la monarchia spagnola e con gli Stati Generali d’Olanda, ai quali sperava di cedere il proprio ritrovato.


Il metodo galileiano presupponeva la disponibilità di un misuratore preciso del tempo. Galileo concepì l’idea di utilizzare le oscillazioni isocrone del pendolo per misurare piccoli intervalli di tempo. Christian Huygens (1629-1695) dimostrò che il pendolo veramente isocrono era quello cicloidale. Egli costruì (1673) un orologio con pendolo cicloidale che non dette però i risultati sperati. La soluzione definitiva al dramma della longitudine fu offerta dal cronometro marino messo a punto da un costruttore inglese di orologi, John Harrison (1693-1776), che intascò nel 1772 l’ingente premio messo a disposizione dalla monarchia inglese.

Citazioni
– “La nuova filosofia richiama tutto in dubbio. In queste costellazioni sorgono nuove stelle e vecchie svaniscono alla vista: quasi che il cielo subisse terremoti, pace e guerra.” (J. Donne)
– “Avvertite, teologi, che, volendo fare materia di fede le proposizioni attinenti al moto e alla quiete del Sole e della Terra vi esponete al pericolo di dover forse col tempo condemnar d’eresia quelli che asserissero la Terra star ferma e muoversi di luogo il Sole.” (G. Galilei)
– “Io stimerei che colui che reputasse più ragionevole il far muover tutto l’universo per ritener ferma la Terra fusse più irragionevole di quello che, sendo salito in cima della vostra cupola [del Brunelleschi] per dare una vista alla città domandasse che se gli facesse girare intorno tutto il paese, acciò non avesse egli ad aver la fatica di volger la testa.” (G. Galilei)
– “Amerigo Vespucci ha dato il nome al nuovo mondo terrestre, tu, Galileo, lo darai al nuovo mondo celeste …” (T. Campanella)

Notizie storiche
– Novembre – dicembre 1609. Galileo osserva per la prima volta la Luna col telescopio e ne disegna le fasi
– 7 gennaio 1610. Nella notte Galileo osserva per la prima volta i satelliti di Giove col telescopio
– 1611. Kepler progetta il telescopio astronomico
– 22 giugno 1633. Galileo è condannato come sospetto di eresia dal Tribunale dell’Inquisizione ed abiura

 

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Da Galileo a Newton
Negli stessi anni delle scoperte celesti di Galileo, Johannes Kepler venne definendo una rivoluzionaria concezione dell’universo, fondata su presupposti teologici e metafisici ma delineata attraverso analisi rigorosamente matematiche. Le riflessioni di Kepler segnano il debutto della fisica celeste, cioè della spiegazione dei fenomeni planetari sulla base di principi fisici. La scoperta delle orbite ellittiche, percorse con velocità variabili dai pianeti, e delle tre leggi che portano il suo nome rese Kepler un punto di riferimento importante per i protagonisti della ricerca astronomica dei decenni successivi.
Attraverso un percorso fondato anch’esso sulla convergenza di ragionamento matematico e presupposti metafisici, Cartesio descrisse un universo creato da Dio, ma capace di autoregolarsi senza bisogno di interventi soprannaturali.


In decenni che videro lo sviluppo poderoso della strumentazione astronomica, la nascita dei primi grandi osservatori, ma anche il riaffiorare di visioni ermetiche che rilanciavano l’idea di un universo animato da forze occulte, Isaac Newton – che agiva anch’egli sotto l’impulso di profonde motivazioni religiose – portò a compimento l’opera avviata da Galileo. Newton dimostrò che una sola forza – l’attrazione gravitazionale – bastava a dar conto delle posizioni dei corpi celesti, delle loro dimensioni relative, dei loro moti e velocità orbitali. L’apoteosi della scienza newtoniana contribuì a imporre un’immagine dell’universo come orologio perfettamente funzionante. La vasta produzione di complessi planetari meccanici favorì la diffusione di questa visione in tutta Europa.

L’armonia delle sfere
Il motivo dell’armonia delle sfere raggiunge nel Seicento la formulazione più avanzata coinvolgendo diversi ambiti del sapere: astronomia, astrologia, teologia, filosofia, musica, anatomia. Johannes Kepler, Robert Fludd, Marin Mersenne, Athanasius Kircher proposero interpretazioni molto diverse ma accomunate dalla fede in un Dio non solo Geometra ma anche Musico, che ha creato l’universo impiegando le proporzioni numeriche e le figure geometriche dalle quali scaturiscono le consonanze musicali. L’impostazione teologica e l’impiego apologetico della scienza dei suoni di Mersenne culmina nell’opera del gesuita Kircher, che operò anche una singolare sintesi fra la tradizione ermetico-astrologica e il meccanicismo. Ai “vaghi simbolismi” del macrocosmo e microcosmo armonico di Fludd si oppongono le ellissi kepleriane, che conciliano le sue tre leggi con i dibattiti musicologici coevi. Con Kepler, l’ordine del cosmo rivelato dalla moderna scienza diviene la più rigorosa rappresentazione visiva della sinfonia celeste e dell’archetipo armonico della creazione.

La nascita degli osservatori
Il Seicento vide la nascita di una nuova forma di organizzazione istituzionale della ricerca: gli osservatori astronomici. Alloggiati in edifici appositamente costruiti, gli osservatori furono dotati di strumentazione avanzata e costosa, forniti di personale di alta specializzazione e affidati alla direzione dei maggiori protagonisti della scienza astronomica. Le nuove istituzioni furono promosse e sostenute dai più grandi monarchi europei, che affidarono loro obbiettivi di interesse nazionale: mettere a punto metodi efficaci per determinare la longitudine; stabilire con precisione i confini dello Stato; sviluppare sistemi esatti di misurazione del tempo, ecc.

 

La costruzione a Parigi, per volere di Luigi XIV, del primo grande osservatorio pubblico iniziò nel 1667. Esso fu affidato alla direzione di Giovan Domenico Cassini, che realizzò programmi di ricerca ambiziosi. Un secondo grande osservatorio fu eretto nel 1675 a Greenwich, per volere di Carlo II d’Inghilterra. Ne fu a lungo direttore John Flamsteed, il quale promosse un nuovo catalogo stellare che raggiunse un livello di definizione senza precedenti. Fiorirono anche gli osservatori privati. L’esempio più emblematico è offerto dall’osservatorio eretto sul tetto della propria casa a Danzica, negli anni quaranta del Seicento, da Hevelius, uno dei grandi protagonisti dell’astronomia d’osservazione.

L’universo macchina
I programmi di esplorazione sistematica del cielo varati dagli osservatori astronomici, la messa a punto di strumenti di osservazione di grande potenza e lo sviluppo della ricerca sulla forze fisiche che governano l’universo contribuirono all’affermazione di una nuova immagine del cosmo, fondata sull’analogia con l’orologio, il dispositivo che in quegli stessi decenni veniva raggiungendo livelli di sofisticazione e precisione sorprendenti. Abilissimi costruttori di orologi dedicarono i propri sforzi a tradurre la nuova immagine dell’universo galileiano e kepleriano in dispositivi meccanici funzionanti capaci di emularne struttura e movimenti. L’immagine evocativa dell’universo-macchina venne emblematicamente espressa dai complessi planetari – denominati orreries dal loro primo promotore, Charles Boyle, Conte di Orrery – la cui produzione data dall’inizio del Settecento. Attraverso l’intero secolo le orreries godettero di vasta popolarità e furono impiegate nelle attività di divulgazione della nuova cosmologia, come testimoniano testi di successo e immagini fortunate realizzate da grandi artisti.

L’apoteosi degli eroi della Rivoluzione Astronomica
Dalla metà del Settecento, la produzione di genealogie dei grandi protagonisti che, partendo dai tempi più antichi, avevano progressivamente contribuito a svelare la vera struttura del cosmo, divenne un’attività diffusa che caratterizzò testi di divulgazione, per la prima volta rivolti anche alle donne, e manuali che esaltavano le tappe fondamentali del disvelamento della verità. L’esigenza largamente avvertita di celebrare i protagonisti dell’esplorazione del cosmo stimolò molti artisti a realizzare gallerie visive – veri e propri Pantheon eretti agli eroi della scienza – che esaltavano l’apoteosi della rivoluzione scientifica, intesa come un processo che aveva portato alla vittoria della ragione sulla superstizione e al trionfo finale e definitivo della verità. In questi templi solenni fu riservata una posizione di speciale rilievo a Galileo e a Newton, celebrati rispettivamente come punto d’inizio e di arrivo di questa avventura della ragione umana.

I testi delle schede sono a cura
dell’ Istituto e Museo di Storia della Scienza
di Firenze

Per maggiore documentazione di testi ed immagini
potete consultare
www.palazzostrozzi.org
 


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